La nascita
Come a Venezia, anche a Padova tra la fine Settecento e il primo Ottocento, sorsero molti caffè, luogo d’incontro e di lettura: nel 1760 erano documentati almeno quaranta caffettieri.
Nel 1816 Antonio Pedrocchi, figlio di un caffettiere bergamasco, commissiona al noto architetto veneziano Giuseppe Jappelli l’ampliamento del piccolo caffè ereditato dal padre.
Il nuovo stabilimento, che doveva essere il Caffè “più bello della terra”, fu inaugurato nel 1831 e poi affiancato, nel 1836, dal Pedrocchino, elegante costruzione neogotica riservata alla pasticceria.
Il Caffè fin dai primi anni divenne noto come “il caffè senza porte” sia perché fino al 1916 era aperto giorno e notte, che per l’accoglienza dettata proprio dalla sua struttura: il porticato aperto e, allora, senza vetrate, era una sorta di “passaggio” collegato alla città.
I prezzi non erano cari, per quanto il luogo fosse già di gran lusso per quei tempi, e con una lira si poteva mangiare.
Il proprietario, Antonio Pedrocchi, il primo tra l’altro che illuminò a gas il suo Caffè, ebbe un modo assai singolare di trattare la clientela: chiunque infatti poteva sedere ai tavoli anche senza ordinare e trattenersi a leggere i libri e i giornali, come “Il Caffè Pedrocchi” (il primo dei sei giornali intitolato al nome del Caffè), messi a disposizione dal locale.
Alle donne erano offerti in dono fiori e, in caso di pioggia improvvisa, ai clienti veniva prestato un ombrello.
L’edificio
Il Caffè Pedrocchi, uno dei più importanti caffè europei e uno dei pochi superstiti tra gli antichi caffè italiani, si eleva proprio nella centralissima piazza, tra Palazzo Moroni, la sede del Comune, ed il Bo’, sede dell’Università, nell’angolo asimmetrico rimasto dalla demolizione di antichi edifici.
Nello scavo delle fondamenta e della ghiacciaia vennero portate alla luce grandiose colonne, ora al Museo Civico, e diversi marmi furono usati per la realizzazione del caffè.
Il piano superiore o “piano nobile” è articolato in otto sale, ciascuna decorata con uno stile diverso: etrusca, greca, romana, rinascimentale, ercolana, napoleonica (o Sala Rossini), egizia, moresca. La chiave di lettura di questo apparato decorativo può essere quella romantica di rivisitazione nostalgica degli stili del passato. Non è esclusa però una chiave esoterica o massonica visto che lo stabile fu progettato da Giuseppe Jappelli, aderente alla Massoneria fin dal 1806 e convinto sostenitore degli ideali illuministi. La scalinata che conduce al Piano Nobile richiama un percorso iniziatico, le maniglie a forma di serpente che si morde la coda, nella massoneria, simboleggiano l’uguaglianza e la necessaria interdipendenza fra i sessi e la sala ottagonale (il numero 8 è il simbolo di rinascita spirituale) è un chiaro riferimento all’associazione segreta.
Ogni sala aveva una precisa funzione, ad esempio la Sala etrusca veniva usata come guardaroba, quella greca per il gioco, la Sala Rossini come sala da ballo e la Sala egizia per le riunioni segrete.
I vari ambienti sono decorati con soggetti inerenti allo stile di ogni sala: vedute romane, nella Sala romana, l’affresco “Diogene e il gallo di Platone” nella Sala Greca, statue, sfingi, urne cinerarie e il soffitto stellato nella Sala egizia.
Il pianterreno, destinato a caffetteria, è caratterizzato dal susseguirsi di stanze denominate in base al colore della tappezzeria (Sala bianca, Sala rossa, Sala gialla, Sala verde).
Entrando nel Caffè, a sinistra incontriamo la Sala verde e sulla destra la Sala gialla o della Borsa, detta così perché vi si incontravano i commercianti per fissare i prezzi di alcune merci.
Subito dopo la Sala verde incontriamo l’ampia Sala rossa, tripartita da colonnine ioniche su base egizia con il banco ornato da decorazioni in bronzo, e subito dopo la Sala bianca, che si apre sulla via VIII febbraio e l’Università, assai nota per il segno del proiettile austriaco sparato durante i moti del 1848.
La tradizione
Grazie alla sua posizione centrale e alla vicinanza con la sede dell’Università il caffè divenne presto punto di riferimento della vita culturale e commerciale della città e ritrovo di studenti, artisti, letterati e patrioti.
Fu anche ritrovo per scrittori ed artisti quali Nievo, Fusinato, Stendhal il quale addirittura decantò le meraviglie dello zabaione pedrocchiano, D’Annunzio, Eleonora Duse e il futurista Marinetti.
Di proprietà del Comune di Padova dal 1891, il Caffè ospita tra le prestigiose sale le Gallerie del Pedrocchi ed il Museo del Risorgimento e ancora oggi accoglie padovani e turisti che qui possono rivivere atmosfere di tempi passati, leggendo uno dei numerosi giornali a disposizione nella Sala Verde, degustando le delizie della pasticceria e della caffetteria, discutendo di politica, cultura e vita.
L’8 febbraio 1848, Radetzky ed il D’Aspre
I personaggi che hanno caratterizzato la prima metà dell’ottocento padovano, periodo teatro dei motti risorgimentali, sono Josef Radetzky (marginalmente) e Kostantin d’Aspre.
Radetzky oltre ad essere stato a lungo governatore del Lombardo-Veneto, è ricordato per essere stato il comandante dell’esercito austriaco durante la prima guerra d’indipendenza italiana. Nominato da molti con l’appellativo di boia, l’impiccatore, il diavolo o peggio, il mangiabambini assetato di sangue è ricordato per la sua crudeltà soprattutto durante i processi di Mantova, ebbe però un ruolo marginale a Padova, delegando, nell’agosto del 1846, il comando del corpo d’armata di stanza nella città al fidato Kostantin d’Aspre.
La vigilia dello storico 8 febbraio 1848 si riunirono, nella sala della Borsa del Caffè Pedrocchi, studenti, popolani e aristocratici per concordare una dimostrazione di protesta contro le provocazioni della guarnigione austriaca; ma il giorno successivo l’ira nemica si sfoga a colpi di moschetto e di sciabola sopra una moltitudine inerme, che si difende con sassi, bastoni e quanto capitava tra le mani. Molti cercarono riparo all’interno del Pedrocchi, ma vennero raggiunti dagli austriaci e costretti ad arrendersi di fronte le loro baionette. Una pallottola di moschetto austriaco, conficcata in una parete della sala bianca, rimane tuttora a ricordo di quella storica insurrezione.
Lo storico Andrea Gloria lascia intendere che il maresciallo austriaco D’Aspre mostrasse una certa deferenza per la città di Padova, e che negli ultimi mesi della sua vita non approvasse i criteri di governo del Radetzky, che anzi stesse preparando, quando la morte lo colse, un rapporto al Ministero di Vienna per consigliarlo di togliere dalle province venete lo stato d’assedio che ancora vi durava. Nel maggio del 1850, il D’Aspre, già da qualche tempo ammalato andò peggiorando, e il giorno 24 morì per idrotorace con gotta. Ai suoi funerali intervenne anche Radetzky che, secondo il rito militare, asperse il feretro con l’acqua santa. Il mattino dopo si leggeva scritto sui muri della città “D’Aspre andò all’altro mondo a scolparsi dei martiri di Livorno”.
Il D’Aspre morì veramente di malattia o fu tutta una messa in scena per coprire un’eventuale uccisione, vista la sua imminente denuncia al Ministero di Vienna?
La sua anima inquieta pare aggirarsi ancora nei pressi nel Pedrocchi; il personale del locale lamenta rumori di passi provenire dalle sale del pianterreno, quando il locale è chiuso al pubblico, altre testimonianze raccontano di strane ombre e la sensazione costante di sentirsi osservati dall’esterno.
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Galleria fotografica
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Relazione indagine
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ANALISI MATERIALE FOTOGRAFICO
Negli scatti effettuati non sono emerse anomalie degne di nota.
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ANALISI MATERIALE AUDIO
Analizzando le tracce nelle settimane successive l’indagine, abbiamo riscontrato un elevato inquinamento acustico. Segnaliamo solamente un estratto interessante che di seguito proponiamo e che racchiude un momento del sopralluogo in Sala Rossini.
Si allega il file dove se ne consiglia l’uso delle cuffie per un miglior ascolto.
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DURANTE L’INDAGINE – Sala Rossini
1 – Tonfo dopo frase di Erica
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Visto quanto emerso durante l’indagine e l’elevato inquinamento acustico -nonostante fosse un giorno infrasettimanale- abbiamo deciso, in accordo con il Caffè Pedrocchi, di fissare una nuova indagine puntando sull’acquisizione di materiale audio per un’intera nottata, senza la presenza di alcuno all’interno della struttura.
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Rilevamento audio del 23 Maggio 2016:
Il 23 Maggio verso le ore 22:00 ci siamo recati, come da accordi, al Caffè Pedrocchi dove abbiamo posizionato tre registratori digitali: uno nella sala Rossini, un altro nella sala romana e l’altro ancora nella sala Rinascimentale. Tutta la strumentazione è rimasta all’interno della struttura a monitorare i diversi ambienti fino alle ore 9:30 del mattino seguente.
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ANALISI MATERIALE AUDIO
Analizzando le tracce nelle settimane successive l’indagine, abbiamo riscontrato alcune anomalie Di seguito proponiamo quelle più interessanti (non estrapolate-> zoom2: colpo 30min, 1h, 1h9min; zoom3: colpo 47min, 1h54min; yamaha4: colpi 1h42min).
Si allegano i file dove se ne consiglia l’uso delle cuffie per un miglior ascolto.
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Sala Rossini – registratore digitale “zoom”
1 – Colpo
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Sala Rinascimentale – registratore digitale “yamaha”
1 – Colpo + passi
2 – Serie di colpi + sospiro
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